ISBN 87615. 75-3 euro 19,00 pag 70 ed Simmetria
Premessa.
Queste note seguono la visita al parco di Villa Lante di Bagnaia alla quale ha partecipato un folto stuolo di soci e amici di Simmetria. Spinti da tale entusiasmo “plebiscitario” abbiamo fatto seguito con un libretto illustratissimo che presenta delle “tesi” interpetrative abbastanza eterodosse, tuttavia in linea con il pensiero neoplatonico e neopitagorico che informava le corti sia laiche che ecclesiali seicentesche.
Nel passeggiare e ripercorrere più volte quei giardini straordinari sono emerse delle considerazioni di carattere geometrico impressionanti. Nessuna “forzatura” a dare valore esoterico a cose che non lo hanno, ma un proliferare di coincidenze che non possono essere dovute al caso.
Le interpretazione della villa, anche in seguito agli effetti della controriforma che doveva proporre attraverso i simboli la retta via del cristiano, si sovrappongono a mitologie e suggestioni alchemiche ai limiti dell’eresia. E i due grandi ispitratori della villa furono due cardinali (Gambara e Montalto), ed uno era anche membro influente della Santa Inquisizione 

Alla fine del testo di Lanzi compaiono (e lasciamo alla curiosità del lettore questa scoperta) delle antropometrie riscontrabili nei canoni medievali e rinascimentali applicati alle cattedrali (da Honnecourt, a Cattaneo a Leonardo). La novità consiste nell’averle scoperte in un giardino, anzi nella enorme “via d’acqua” che attraversa il giardino. In tale via trovano senso anche i simboli alchemici ed ermetici nascosti sotto le piccole cascate, che, altrimenti, resterebbero fini a se stessi. Lanzi, nel breve testo su tale giardino mette però sull’avviso il lettore: mettere in giro queste “scoperte” non è sempre una buona idea, perché alla fine vengono catturate dai cacciatori di “scoop” e di “misteri” e vengono regolarmente stravolte populisticamente cercando, per così dire, il …Graal a tutti i costi, e magari qualche aspetto scabroso che faccia “audience”…. Mi auguro però che, a questo punto, nessuno se ne vada a Villa Lante a caccia di misteri e o cerchi nel grano e s’industri di far risalire… la kundalini da qualche parte. Il Gambara e il Montalto si rivolterebbero sconsolati nella tomba”.
In questa breve recensione non riportiamo le immagine presenti nel testo (escluso l’ultima) ma quell
e relative alla bella visita a Bagnaia del 6 ottobre 2012.
Il barco (parco) di Bagnaia sorge su una collina boschiva (ricordiamoci che fino al 1700, nonostante incendi, lotte intestine e invasioni più o meno barbariche, l’Italia era ancora meravigliosamente coperta di boschi) usata inizialmente come “riserva di caccia”. Forse il primo proprietario di un’insieme di terreni che comprendono e circondano quella che, attualmente, è Villa Lante (anche perché particolarmente appoggiato dal papa Leone X) fu il Cardinale Raffaele Galeotti Sansoni Riario. Alla sua morte la proprietà, che si estendeva fino al colle della Palanzana, era dotata del primo casino di Caccia (non esaminato nel perimetro di cui ci occuperemo) e di un’iniziale recinzione in muratura ma che si vede nella pianta a seguire.
Nel 1541, dopo una serie di “contese” fra alti prelati, il cardinale Giovanni de’ Medici (nipote di Cosimo) prese in affitto il barco e ci soggiornò a lungo.
La prima palazzina (quella appunto del Gambara) fu costruita insieme al parco in molti anni di appassionati lavori che configurarono la villa come la vediamo anche oggi. Tali lavori attirarono sia l’ammirazione di Gregorio XIII (che la visitò nel 1578) come la riprovazione del caustico e potente Cardinale Federico Borromeo (quello che convertì l’Innominato nei Promessi Sposi). Quest’ultimo rimproverò il Gambara degli sprechi di denaro che lui avrebbe invece voluto destinare ad opere pie.

Tutti costoro, realizzarono (a volte ispirandosi proprio alla Villa del Gambara) dei parchi straordinari, all’interno di tenute di caccia, e si trovarono a far parte di quei circoli raffinati, profondamente dediti agli studi astrologici, alchemici e filosofici, che anticiparono la vera e propria “esplosione” dei gruppi ermetici promossi, cinquanta anni più tardi, da Cristina di Svezia.

Nel medioevo il simbolismo ermetico confina costantemente con quello religioso ed è particolarmente “diretto”. Ma è nel rinascimento che il recupero della mitologia classica consente di forgiare un simbolismo articolato e raffinatissimo, anche se molto più “mentale” e logico di quello dei secoli precedenti.
E’ nel rinascimento che l’alchimia introduce a piene mani nella pittura e nella scultura… tutto il pantheon greco e romano per descrivere l’avventura dei metalli e il loro rapporto con l’universo e con la trasmutazione alchemica dell’uomo.

La distribuzione delle 7 principali fontane della Villa è stata da Lanzi analizzata secondo una successione che consente di dare un significato particolare alle fontane, oltre quello trasmesso convenzionalmente nei secoli e che, ad avviso del Lanzi ha sapientemente velato il cammino dell’acqua. Alla chiave eminentemente religiosa, giustificata dal perfezionamento del “fedele” secondo tappe dottrinali d’ascesi successive, si sovrappone un cammino cabalistico-pitagorico (di cui nel testo compaiono alcuni mirati suggerimenti) che è rigidamente vincolato alle proporzioni, ai rapporti ed alle misure di tutte le fontane.
E le stesse siepi, a volte semplicisticamente classificate come piacevoli “ornamenti”, assumono una funzione sapiente, guidano un percorso che introduce il visitatore ad un incontro con la bellezza e forse anche con i recessi dell’anima.
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